Pensioni 2019, guida alle novità: requisiti, calcolo e riforme
Cambiano i requisiti per andare in pensione dal 1° gennaio 2019, così come i coefficienti per il calcolo contributivo dell’assegno previdenziale; guida a tutte le novità.
Dal 1° gennaio 2019 i requisiti per andare in pensione subiranno una notevole variazione; la Legge Fornero, infatti, ha disposto che d’ora in avanti ci dovrà essere un adeguamento biennale con le aspettative di vita rilevate dall’Istat.Quindi, considerando che l’Istat ha evidenziato un aumento di 5 mesi delle aspettative di vita degli italiani, anche i requisiti per la pensione dovranno adeguarsi. Ciò porterà ad un innalzamento dell’età pensionabile, con l’esclusione di alcune categorie di lavoratori.Allo stesso tempo l’adeguamento con le aspettative di vita ha portato anche alla riduzione dei coefficienti di trasformazione utilizzati per il calcolo contributivo; per questo motivo i trattamenti previdenziali liquidati dal 1° gennaio 2019 saranno più bassi di quelli di quest’anno.
Senza dimenticare poi che il Governo del cambiamento ha promesso una riforma delle pensioni nel breve termine e – qualora nella Legge di Bilancio venissero stanziate le risorse necessarie – ci potrebbero essere novità anche dal prossimo anno con l’introduzione di nuovi strumenti che rendano più flessibile l’uscita dal lavoro.
Sarà compito del nuovo Ministro del Lavoro – Luigi Di Maio – rivedere l’attuale sistema previdenziale italiano superando quanto previsto dalla Legge Fornero; per farlo ci saranno da approvare diversi provvedimenti, tra i quali spicca l’introduzione della Quota 100 per tutti finanziata – in parte – con un taglio alle pensioni d’oro.
Al momento però si tratta solamente di promesse; quindi nell’analizzare come cambierà dal 2019 per il sistema previdenziale italiano partiamo dalle certezze, ovvero dall’introduzione di nuovi requisiti e di nuovi parametri per il calcolo degli assegni.
Pensioni: nuovi requisiti dal 2019
Come annunciato dall’INPS tramite una circolare esplicativa, dal 1° gennaio 2019 ci sarà un incremento dell’età pensionabile visto l’aumento delle aspettative di vita rilevato dall’ISTAT.
In media gli italiani vivono 5 mesi di più e quindi è giusto – almeno per la Fornero – che vadano in pensione più tardi. È stata proprio la riforma del 2011, infatti, a stabilire che d’ora in avanti, ogni due anni, si dovrà procedere con l’aggiornamento dei requisiti per il pensionamento, i quali dovranno essere adeguati con le aspettative di vita. Un eventuale incremento, però, non potrà essere superiore ai 3 mesi.
Dal 1° gennaio 2019, quindi, si andrà in pensione più tardi rispetto ad oggi. Nel dettaglio:
- pensione di vecchiaia: da 66 anni a 7 mesi a 67 anni per tutti. L’anzianità contributiva richiesta sarà sempre pari a 20 anni;
- pensione di vecchiaia contributiva: da 70 anni e 7 mesi a 71 anni di età. L’anzianità contributiva sarà sempre di 5 anni;
- pensione anticipata contributiva: da 63 anni e 7 mesi di età a 64 anni. L’anzianità contributiva resta pari a 20 anni;
- pensione anticipata uomini: da 42 anni e 10 mesi a 43 anni e 3 mesi;
- pensione anticipata donne: da 41 anni e 10 mesi si passerà a 42 anni e 3 mesi;
- pensione anticipata lavoratori precoci passa da 41 anni a 41 anni e 5 mesi di anzianità contributiva.
Questi requisiti comporteranno dei cambiamenti anche per l’Ape Volontario, lo strumento con il quale è possibile richiedere un anticipo pensionistico che verrà ripagato con delle trattenute sul futuro assegno previdenziale. Ricordiamo, infatti, che per accedere l’Ape Volontario non devono mancare più di 3 anni e 7 mesi all’età della pensione di vecchiaia, per la quale l’età anagrafica è stata incrementata di 3 mesi.
Quindi, non si potrà utilizzare questo strumento prima del compimento dei 63 anni e 3 mesi. Nessuna novità invece per l’Ape Sociale poiché – salvo una proroga da parte del Governo – questo strumento non sarà confermato nel 2019.
Niente adeguamento per precoci, usuranti e lavoratori notturni
L’aumento dell’età pensionabile, però, non sarà per tutti. Ci sono delle categorie di lavoratori, infatti, che potranno accedere alla pensione di vecchiaia all’età di 66 anni e 7 mesi, purché però abbiano maturato un’anzianità contributiva pari ad almeno 30 anni (e non 20).
Nel dettaglio, stiamo parlando dei:
- lavoratori che per almeno metà della abbiano svolto un’attività considerata usurante;
- lavoratori che per almeno metà della carriera lavorativa o in almeno 7 anni degli ultimi 10 abbiano svolto dei turni notturni (di almeno 6 ore, per almeno 78 giorni l’anno);
- lavoratori che per almeno metà della carriera lavorativa o in almeno 7 anni degli ultimi 10 abbiano svolto un lavoro riconosciuto come gravoso.
Questi quindi potranno chiedere il blocco dell’età pensionabile inviando il modello pubblicato dall’INPS seguendo le indicazioni pubblicate dal decreto del Ministero del Lavoro.
Nuovi coefficienti di trasformazione
L’adeguamento con le aspettative di vita ISTAT avrà effetti anche sui coefficienti di trasformazione, ovvero i divisori con cui il montante contributivo delle pensioni calcolate con sistema contributivo viene trasformato nell’importo annuo dell’assegno previdenziale.
Il Ministero del Lavoro, infatti, ha annunciato l’aggiornamento dei coefficienti di trasformazione – che d’ora in avanti avranno valenza biennale – per il il 2019-2020. Come anticipato questi sono stati ridotti e ciò significa che coloro che andranno in pensione nel 2019 riceveranno un assegno più basso di circa l’1% rispetto a quanto avviene oggi.
Riforma delle pensioni: cosa dobbiamo aspettarci nel 2019?
Quelle appena elencate sono le novità confermate, ma ce ne sono altre che potrebbero essere ufficializzate nei prossimi mesi. Il nuovo Governo giallo-verde, infatti, sta lavorando per trovare il modo di attuare l’ambiziosa riforma annunciata nel contratto, che prevede:
introduzione di una Quota 100 per permettere ai lavoratori di andare in pensione una volta che la somma tra l’età anagrafica (che non deve essere inferiore a 64 anni) e l’anzianità contributiva dà come risultato 100. Possibili penalizzazioni sull’importo dell’assegno previdenziale per coloro che accetteranno di aderire a questo strumento;
estensione della Quota 41 per tutti i lavoratori: in alternativa si potrà andare in pensione una volta maturata un’anzianità contributiva di 41 anni, così come avviene oggi per i lavoratori precoci. A differenza della Quota 100 che dovrebbe essere prevista già dalla Legge di Bilancio 2019, però, per la Quota 41 è possibile uno slittamento al 2020;
Opzione Donna: in realtà per questo strumento è attesa una proroga già per il 2018, con la fase sperimentale che poi potrebbe essere estesa anche al 2019. Per chi non lo sapesse, con l’Opzione Donna le lavoratrici possono andare in pensione all’età di 57 anni, con 35 di contributi, accettando che l’assegno pensionistico venga calcolato esclusivamente con il metodo contributivo;
tagli alle pensioni d’oro.
Non ci saranno novità invece per quel che riguarda la pensione di cittadinanza, lo strumento incluso nel reddito di cittadinanza con il quale l’assegno previdenziale verrà integrato fino a 780€ per coloro che si trovano al di sotto della soglia di povertà. Come confermato dal nuovo Ministro del Lavoro Luigi Di Maio, infatti, prima di introdurre il reddito di cittadinanza sarà necessario riformare i centri per l’impiego e per farlo bisognerà attendere per almeno un anno.